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Chiedo i tuoi soldi, ma non dirlo a nessuno

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Questo non sarà un post che darà delle risposte, perché a dire il vero, non ne ho. Ho frugato bene tra le mie tasche e, a parte qualche moneta (poche, perché siamo in tempo di crisi), non ho trovato la soluzione ai miei quesiti. Qui ci sono solo domande, magari.
Siamo nell’anno 2013 (lungi da me dire se di Buddha o del Signore), mese di agosto, caldo bestiale (almeno qua da me). E io mi barcameno tra i drammi del piccolo esordiente con tanta voglia di vedere le proprie parole stampate su carta (d’albero o elettronica, ha poca importanza, no?).
Di fatto, senza rigirarci troppo intorno, non posso negare di essermi anche io imbattuto nel fenomeno delle EAP.
Tranquilli: ne abbiamo parlato a dismisura, di cosa sia l’editoria a pagamento e su quanto possa essere concepito un fatto moralmente accettabile o meno.
Io ho una mia teoria al riguardo ma, siccome sono un sadico mancato, ve la svelerò solamente alla fine.

Partiamo da un presupposto fondamentale: d’accordo o non d’accordo, l’editoria a pagamento esiste, ed è legale. Non esiste nessuna legge che vieti a un’azienda di chiedere soldi per pubblicare l’autore, e l’autore è libero di scegliere se mettere mano ai cordoni della propria borsa e pagarsi il libro nel vano convincimento che così fan tutti. Perché, che esistano delle alternative, ormai dovrebbero saperlo anche le pietre. Eppure i sedicenti editori a pago continueranno a dire che esordire è difficile, che è indispensabile investire sul proprio lavoro, e rataplan pim pum pam. Il contributo può essere diversificato: devi pagarti l’editing, la promozione, devi comprarti le tue copie obbligatoriamente, oppure compartecipare ai costi dell’ebook fino ad arrivare anche all’acquisto di almeno due libri del catalogo. 10.000 o 2 euro, fa poca differenza. Se devo pagare, è editoria a pagamento. Poi ci sono anche quei modi fantasiosi, l’ultimo in ordine di serie è quello dove, dato che il mio libro non va bene, per una cifra modica di millemila euro l’editore mi propina un ghost writer che scriva al posto mio il mio romanzo (dico sul serio, è successo anche questo, e mi chiedo ancora adesso come possano pensare che un esordiente sconosciuto paghi per farsi scrivere un romanzo da un terzo e piazzarci il proprio nome sopra… altra domanda senza risposta?).
Però, spesso alla richiesta di danaro si nasconde l’insidiosa trappola del silenzio, ripetuto, o spesso imposto.
Guai a dirlo in giro, ancora peggio, non provateci nemmeno a catalogarmi come Editore a Pagamento. Le conseguenze, per il solo dire che ci sono esordi gratis con marchio editoriale e altri no, senza nemmeno arrivare alla creazione delle liste di informazione (che al Writer’s Dream abbiamo appena ripristinato) di solito, da parte degli editori a pagamento e dei suoi autori paganti, scatena una levata di scudi, se non una vera e propria rivoluzione.
Piovono minacce, chiarimenti, diffide, imposizioni, trolling postale, accuse di spionaggio e di diffusione di dati personali. Ecco.
La domanda a questo punto, è lecita.
Abbiamo detto che pagare per pubblicare, e richiedere soldi agli autori, non è reato.
Abbiamo detto anche che spesso la prima scusa addotta per la richiesta di danaro sta nel difficile mondo editoriale e nel credere ai propri sogni tanto da mettere mano al libretto degli assegni per  realizzarli. Addirittura diciamo che in realtà non c’è editore che non chieda soldi e autore che non  paghi e che chi non li chiede guadagna da altre fonti (sì, adesso la moda imperante degli EAP è sostenere che o l’editore chiede soldi o ha altre attività collaterali per sopravvivere. Tutto secondo certosine ricerche nel web con tanto di incrocio dei dati di indirizzo. Ho sentito affermare di editori che avessero un negozio di alimentari per sostenersi e sopravvivere, perché magari avevano lo stesso numero civico).
Allora mi spiegate perché non dobbiamo dirlo in giro, che i soldi li chiedo? Perché, davvero. Perché mi minacci se lo divulgo, parlandomi anche di tentativo di infangare la tua immagine aziendale? Perché quindi alla mia certezza che sia necessario farti pagare per pubblicare il tuo libro, non si accompagna la responsabilità del gesto compiuto e soprattutto la responsabilità di tutto quello che sostengo a corredo della richiesta di soldi.
Come vi dicevo, io non ho risposte, le pretendo semmai, da voi.
Se l’azienda che mi chiede i soldi mi impone però di farlo in silenzio, senza dirlo, magari c’è qualcosa che non va. E non parlo del contratto tra lettore e autore, dove il lettore andrebbe perlomeno informato del fatto che sta leggendo un libro a pago o no, ma semplicemente di una politica aziendale che porto avanti e che, dovrei, aver scelto di applicare. Capite bene che se contestualmente penso che debba essere un segreto e che infanghi la mia immagine come azienda, ci sia qualcosa che non torni… e che forse chiedere i soldi non sia proprio una prassi moralmente accettabile.
A voi, le conseguenti riflessioni.

Ah sì, dimenticavo. Vi avevo promesso di dire cosa penso io, Francesco Mastinu, piccolo autore esordiente, dell’editoria a pagamento.
Visto che siete arrivati sino alla fine del mio sermone, eccolo!
Io sono convinto che scrivere è, per tanti, un sogno da realizzare. E non una soddisfazione, ma un grande sogno col botto che, possibilmente, faccia di noi dei professionisti.
Ora, io credo che se desideriamo essere assunti dalla profumeria, non andiamo nel negozio a pagare il titolare per farci un contratto o che ci venga richiesto, per essere assunti, di comprare almeno 20 boccette di prodotti. Come anche, se vogliamo essere riconosciuti come dei veri latin lover, non andiamo a fare sesso a pagamento. Per cui, se voglio scrivere e voglio emergere, il mio compito è impegnarmi, studiare, a volte sputare sangue per migliorarmi.
Ma i sogni non hanno prezzo. E i titoli universalmente riconosciuti al di fuori di parenti, amici e conoscenti, non li compro pagando il datore di lavoro.
Per nessun motivo al mondo.


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